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PENALE/ No al risarcimento specifico alla sfera sessuale per ingiusta detenzione

PENALE/  No al risarcimento specifico alla sfera sessuale per ingiusta detenzione

PENALE/  Ingiusta detenzione. Il danno alla sessualità non viene risarcito in maniera specifica.

L’art. 314 c.p. prevede che il cittadino sottoposto a processo penale ed assolto per non aver commesso il fatto, possa proporre, nel caso in cui abbaia subito periodi di custodia cautelare, ed entro due anni dal giorno in cui la sentenza di assoluzione è divenuta irrevocabile, domanda di riparazione per ingiusta detenzione.

 La corte di appello adita accoglierà la domanda laddove il richiedente  non abbia contribuito "con colpa grave” a lui addebitabile a fare in modo che venisse arrestato.

 Per quantificare il danno risarcibile il  codice di procedura penale non stabilisce alcun criterio fisso.

 La Giurisprudenza innanzitutto discerne se la detenzione ingiusta si sia sviluppata in ambiente carcerario o in ambiente domiciliare  o comunitario e quindi fa riferimento a computi di somme di denaro per ogni giorno di detenzione.

 Per un’analisi sul tema si rimanda all’ottimo articolo dell’avv. Rosanna De Canio "criteri per la liquidazione del danno da ingiusta detenzione” rinvenibile nella rubrica "Riparazione per ingiusta detenzione  del sito web www.avvocatocastellaneta.it.

E’ indubbio che il protrarsi della detenzione provoca ripercussioni anche sulla sfera sessuale della persona  vittima di un ingiusto provvedimento cautelare,  impedendole di avere normali rapporti sessuali e impedendole di procreare.

Tuttavia tale voce di danno non viene ritenuta risarcibile dalla Giurisprudenza che esclude la possibilità di prevedere una autonoma voce di danno per tale aspetto seppure ritenuto estremamente afflittivo per la persona arrestata ingiustamente.

La Cassazione, infatti, con sentenza del 14 ottobre 2010 n. 40094 ha affermato che : " non configura un danno biologico, autonomamente valutabile rispetto a quello derivante dallo stato di illegittima privazione della libertà personale, né il danno conseguente della presunta equiparazione del periodo di detenzione ad uno stato di invalidità temporanea di pari durata, né quello derivante dall’impossibilità del condannato di esprimere la propria sessualità nel medesimo periodo”.

Giurisprudenza precedente a questa ritiene che a chi abbia subito una detenzione ingiusta possa essere riconosciuta una sola voce di danno non patrimoniale ossia il danno biologico ed il danno morale insieme ( Cass. sez. IV 23 gennaiio 2009 n.21505)

Giurisprudenza notoriamente molto restrittiva.

Il danno alla sessualità appare invece una voce degna di rilievo giacchè è noto che il periodo di detenzione, soprattutto se ingiusta, comporta privazioni ingiuste e deleterie per il fisico e la psiche che andrebbero, quanto meno, valutate caso per caso.

A cura della redazione di www.modernlaw.it   (studio legale Castellaneta & D’Argento Milano)