Tossicodipendenza e infermità di mente
Quando la tossicodipendenza produce la infermità di mente.
1 Premessa. Le droghe e l’imputabilità.
Le droghe non agiscono sulla mente, ma " le droghe agiscono sul cervello. Il cervello è una fabbrica di prodotti chimici complicata in cui miliardi di molecole di diversi gradi di complessità si formano, si spezzano e si riformano in una danza senza fine. Questa danza delle molecole è accompagnata da un ugualmente infinito flusso di impulsi elettrici che scorrono attraverso i nervi sia sensori che motori” ( Robert S. de Ropp "Le droghe e la mente”, introduzione, editore Cesco).
Le droghe, come è noto, esercitano un azione distruttiva, sia sull’organismo, sia sul sistema nervoso, in quanto alterano la trasmissione degli impulsi.
Naturalmente le conseguenze per l’organismo e per il comportamento umano saranno diverse a seconda della "quantità” di sostanze alcoliche o stupefacenti assunte e gli effetti saranno differenti a seconda della durata, nel tempo, della assunzione.
Inoltre i rischi per la salute saranno diversi se all’uso modico, sia subentrato un "abuso” o una "intossicazione” oppure, addirittura, una "cronica intossicazione” o, infine una vera e propria "dipendenza”.
Dette sostanze avendo la capacità di alterare il comportamento hanno una incidenza concreta sulla condotta umana penalmente rilevabile.
Il nostro codice penale prevede la possibilità che una cronica intossicazione da alcol possa provocare un vizio totale o parziale di mente, infatti l’art. 95 c.p. recita : " per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcol ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89 c.p.”
2. La cronica intossicazione che provoca "infermità” valutabile ai sensi degli articoli 88 e 89 c.p. nella giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Quando, allora, può parlarsi di una intossicazione che provoca una infermità mentale capace di incidere sulla capacità di intendere e di volere?
Sicuramente non è sufficiente un accertato e conclamato stato di tossicodipendenza, né la presenza di una "crisi di astinenza” (ossia quello stato psicofisico di sofferenza che colpisce la persona la quale sospende o riduce bruscamente il consumo abituale di sostanze idonee a creare stati di dipendenza) per ritenere la condotta del reo affetta da incapacità giuridica.
La Giurisprudenza di legittimità ha chiarito quali sono le condizioni che possano provare una permanente alterazione dei processi intellettivi assimilabile alla malattia mentale ai sensi dell’art. 89 c.p.
Esaminando le sentenze che si sono occupate della questione e sintetizzando i principi delle stesse espresse si può affermare quanto segue :
1)Non tutti gli stati di tossicomania producono per sé alterazione mentale o disagio psichico rilevante agli effetti degli artt. 88 e 89 c.p.,ma solo quegli stati di grave intossicazione da sostanze stupefacenti che sono in grado di determinare un vero e proprio stato patologico psicofisico dell’imputato incidendo sui processi intellettivi o volitivi di quest’ultimo (Cass. Sez, VI n. 5357/1996);
2) La situazione di tossicodipendenza in grado di influire sulla capacità di intendere e di volere, è solo quella che, per il suo carattere ineliminabile e per l’impossibilità di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie e consistenti disagi indipendentemente dall’uso o meno delle sostanze (Cass pen sez. VI n.35872/2007)
3) per escludere o diminuire l’imputabilità, l’intossicazione da sostanze stupefacenti non solo deve essere cronica (cioè stabile), ma deve produrre un’alterazione psichica permanente; lo stato di tossicodipendenza non costituisce pertanto, di per sé indizio di malattia mentale o di alterazione psichica (Cass. Pen. Sez. VI n. 7885/1996);
4) In tema di intossicazione acuta dovuta agli stupefacenti, per la sussistenza del vizio di mente (totale o parziale) non è sufficiente che il giudice di merito riconduca l’azione dell’imputato ad un modello di infermità apoditticamente affermata, ma è necessario che indichi e valuti motivatamente i dati anamnestici, clinici, comportamentali, evincibili dalle stesse modalità del fatto, ragionevolmente rilevatori dell’asserito quadro morboso, agli effetti della sua "graduabilità” rispetto all’imputabilità (Cass. Sez. VI n. 31483/2004).
In questo ambito si inserisce anche la sentenza a SS.UU. 9163 del 25 gennaio 2005, cosidetta sentenza Raso, che ha stabilito che anche i "disturbi della personalità”, come quelli da nevrosi o da psicopatie, possono costituire causa idonea ad escludere o grandemente scemare, in via autonoma o specifica, la capacità di intendere e di volere del soggetto agente.
A tanto deve aggiungersi che il legislatore ha delimitato il campo prevedendo che non assumono rilievo ai fini della imputabilità le "anomalie caratteriali” o gli "stati emotivi e passionali” ( art. 90 c.p.).
3.Conclusioni.
In conclusione lo stato di cronica intossicazione da alcol o sostanze stupefacenti per incidere sulla capacità mentale del soggetto deve sostanziarsi in un disagio psichico tale da ritenersi stabilizzato nell’organismo, per intensità e consistenza non guaribile e soprattutto deve avere un rapporto motivante con il fatto commesso, apprezzato come correlazione psico- emotiva rispetto al fatto illecito ( su quest’ultimo punto si è espressa Cass. Sez. VI n. 43285/2009).
Per dimostrare la infermità, quindi, non è sufficiente lo stato di tossicodipendenza o al crisi di astinenza, ma occorre che vi sia uno stato di disassamento delle funzioni noetiche e volitive dell’agente che abbia influito direttamente sulla sua condotta e che sia la causa primigenia della violazione penale.
In presenza del solo stato di agitazione dovuto a crisi di astinenza non può parlarsi di infermità ma di mera condizione di uno stato emotivo o passionale, che, come è noto, ex art. 90 c.p. non incide sulla capacità di intendere e volere (Cass. VI penale 5 maggio 2011 n. 17305).
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