STUDIO LEGALE ASSOCIATO - MILANO

Investigazioni difensive e giudizio di appello

 

Investigazioni difensive nel corso del giudizio di appello

Per quanto concerne il difensore ed il suo diritto di “difendersi investigando”, è ormai costante l’affermazione che la sua attività di indagine possa svolgersi anche successivamente al giudizio di primo grado visto che l’art. 327 bis c.p.p., comma secondo ( inserito dalla legge n. 397/2000) prevede che :
“ La facoltà indicata al comma 1 può essere attribuita per l’esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell’esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione”.
In questa ottica si ritiene che il difensore possa svolgere attività di indagine al fine di richiedere la rinnovazione della istruttoria dibattimentale in appello.
Infatti, laddove il difensore abbia assunto, successivamente alla emissione del giudizio di primo grado, “nuove prove”, potrà, avvalendosi del meccanismo di cui ai commi 1 ,2 e 3 dell’art. 603 c.p.p. chiedere alla Corte di Appello di rinnovare la istruttoria dibattimentale.
Il difensore dovrà indicare nei motivi di appello o nei “motivi nuovi” , così come disciplinati dall’art. 585 comma 4 c.p.p., le prove nuove di cui intende chiedere la ammissione e soprattutto indicare  le ragioni per le quali la Corte “ “non è in grado di decidere allo stato degli atti” e perché la rinnovazione è “assolutamente necessaria”.
In quest’ottica la attività difensiva si configura come una inchiesta di parte, solo “eventualmente” ( in presenza i determinate condizioni)  utilizzabile nel giudizio dinanzi la Corte.
Infatti la difesa potrà impiegare le risultanze delle indagini espletate dopo il giudizio di primo grado, oltre che per organizzare la propria  strategia difensiva, per formulare fondate “richieste di integrazione probatoria” al Giudice dell’Appello.
Soltanto se il Giudice dell’Appello riterrà la istanza conforme ai canoni di cui all’art. 603 cpp ( che tra l’altro richiama espressamente l’art. 495 comma 1 quanto alla utilizzabilità superfluità e rilevanza delle richieste di prova), le prove saranno ammesse in giudizio.
Al contrario, nel caso in cui sarà impossibile la richiesta rinnovazione, le informazioni raccolte dal difensore sarebbero  insuscettibili di lettura.

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Importante, a tal proposito, chiarire un altro aspetto ricorrente : quello dei divieti nell’assunzione delle dichiarazioni testimoniali previsti dall’art. 430 bis c.p.p. e la applicabilità di tale norma alle investigazioni difensive da produrre in grado di appello.
Sul punto, occorre innanzitutto ricordare come la norma citata contenga tale previsione:
“E’ vietato al Pubblico Ministero, alla polizia giudiziaria e al difensore assumere informazioni dalla persona ammessa ai sensi dell’art. 507 o indicata nella richiesta di incidente probatorio o ai sensi dell’art. 422, comma 2 c.p.p., ovvero nella lista prevista dall’art. 468 e presentata dalle altre parti processuali. Le informazioni assunte in violazione del divieto sono inutilizzabili”
“Il divieto di cui al comma 1 cessa dopo l’assunzione della testimonianza e nei  casi in cui questa non sia ammessa o non abbia luogo”.

La ratio di tale norma risiede nella volontà del legislatore di impedire che le persone chiamate a testimoniare subiscano condizionamenti da una pregressa audizione della parte pubblica o privata.
Di conseguenza, per garantire la genuinità della prova orale rappresentativa, la norma preclude al difensore ( ed al Pubblico Ministero ed alla polizia) di assumere informazioni da soggetti compresi nelle liste testimoniali o ammessi di ufficio ex art. 507 ovvero indicati nella richiesta di incidente probatorio oppure qualora gli stessi siano stati citati dal giudice in sede di udienza preliminare ex art. 422 comma 2 cpp.
Tale elenco è stato  considerato “tassativo”  dalla Giurisprudenza di legittimità, e quindi non suscettibile di integrazioni.
Infatti con sentenza del 22 settembre 2009 n. 36826 ( ric Khemissi Rafik )la Corte di Cassazione sez. III ha stabilito che :
“ Il divieto per le parti di assumere informazioni da persone già chiamate a testimoniare, secondo quanto previsto dall’art. 430 bis c.p.p., non è applicabile al giudizio di appello nell’ipotesi di rinnovazione istruttoria per l’assunzione di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado”.

Nel caso di specie il difensore  dopo il giudizio di primo grado aveva assunto informazioni da due testimoni non  individuati prima.
Quindi, poiché gli stessi si erano resi poi irreperibili,  aveva chiesto alla Corte di Appello l’acquisizione dei verbali delle investigazioni difensive ai sensi dell’art. 512 comma 1.
La Corte di Appello  aveva negato, opponendo proprio  il disposto dell’art. 430 bis, tale possibilità rigettando al richiesta difensiva.
La sezione III della Cassazione, invece, intervenendo a seguito del ricorso della difesa,  ha  ritenuto che tale caso esulasse da quelli per cui vige il divieto previsto dalla citata norma e pur ritenendo che “ la proposta esegesi potrebbe evidenziare una disparità di trattamento tra situazioni analoghe” ha  ritenuto che “ il divieto di assumere informazioni non è applicabile al giudizio di appello nella ipotesi di cui all’art. 603 comma 2 c.p.p..”
In conclusione una sentenza “ingiusta” in primo grado e per la quale sono sopravvenute prove non disponibili all’epoca del dibattimento, può essere appellata prospettando “concretamente” al Giudice dell’impugnazione scenari diversi da quelli su cui si era pronunciato il primo giudice.
Il difensore, in questo caso, ha la possibilità di svolgere un ruolo attivo riconosciutogli dal codice e dalla Giurisprudenza.

Avv Filippo Castellaneta