STUDIO LEGALE ASSOCIATO - MILANO

Riparazione per ingiusta detenzione : un diritto fondamentale.

 

RIPARAZIONE PER INGIUSTA DETENZIONE .
UN DIRITTO FONDAMENTALE

1. Premessa.

“ Le società civili debbono studiare i modi onde  ottenere che la punizione corregga. Ma dovrebbero altresì studiare i modi per impedire che la prevenzione corrompa”.
Carrara fotografava così il problema della “immoralità del carcere preventivo”. Era il 1872 (!).
Da allora sono cambiati i codici e i termini, ma solo quelli, e questi ultimi  sono stati “addolciti” dando spazio a “nuove nomenclature” : da carcerazione preventiva a “custodia cautelare” , ma non è cambiata la sofferenza di chi “prima” di un processo è custodito in carcere “in attesa di giudizio”.
Costui perde la libertà, in virtù di un titolo legale, ma provvisorio, non definitivo e che un altro Giudice potrebbe porre, a distanza di tempo, nel nulla e “vanificare”  rendendo quel “carcere preventivo” inutile.
In quel caso quella persona si trova ad aver sofferto una carcerazione poi ritenuta ingiusta .
Quella persona per un determinato periodo di tempo, breve o lungo, ma comunque soggettivamente “interminabile”, e foriero di conseguenze fisiche e psichiche,  è stato privato della libertà personale che è  bene, patrimonio e diritto  fondamentale dell’Uomo.

2. Inviolabilità della libertà personale.

La libertà personale è sacra. E’ inviolabile. E’ il diritto fondamentale dell’essere umano.
 “La libertà inizialmente venne intesa come protezione contro la tirannia dei governanti” ( Jhon Stuart Mill in “On Liberty”).
La libertà è l’essenza dell’Uomo : privare un Uomo di un suo bene fondamentale da parte dell’Autorità significa creare una ferita spesso non rimarginabile e per questo è un atto che richiede prudenza, misura e avvedutezza.
Nei secoli l’Uomo al fine di apprestare protezioni contro l’abuso del potere, in materia,  da parte dei governanti, ha adottato due  espedienti :
- Limitare l’Autorità dei governanti riconoscendo le libertà dei cittadini;
- Introdurre controlli costituzionali che prevedessero organismi particolari per l’esercizio degli atti limitativi della libertà altrui.
Per tali motivi fu istituito, sin dal 1679 ad iniziativa del parlamento inglese l’habeas corupus act ossia una ordinanza con la quale si prescriveva al custode di qualsiasi prigioniero di porre lo stesso a disposizione di una Corte, entro un determinato lasso di tempo e di motivare le ragioni della detenzione : il giudice, poi, si sarebbe pronunciato in merito alla conferma o revoca dell’arresto.
La libertà, quindi,  è diritto fondamentale e perciò si sono apprestati tutti gli accorgimenti  per evitare violazioni illegittime di tale bene.
Ecco perché la Dichiarazione  Universale dei diritti dell’Uomo declama che tutti gli esseri umani nascono eguali in libertà e diritti ( art. 1 )  e che ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente dichiarazione ( art. 2).
Tutte le Costituzioni dei Paesi democratici considerano lal libertà bene supremo.
L’art. 13 della Costituzione italiana  afferma :
“ La libertà personale è inviolabile”.
“Non è ammessa forma  alcuna di detenzione, ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale se non per atto motivato del’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
“In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.”
“ E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione della libertà”
“ La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”
Se ne deduce che la libertà non solo è codificata come bene fondamentale, ma ogni privazione della stessa può avvenire solo in casi “tassativamente “ già previsti.
Non solo, ma ogni privazione, legittima, della stessa è disciplinata e monitorata onde evitare  abusi di autorità e sincronizzata in tempi che non consentano dilazioni inutili dello stato di detenzione.
Possiamo allora, infine,  affermare che la nostra Costituzione non solo tutela la libertà ma tutela il detenuto privato dalla libertà garantendogli la incolumità fisica, innanzitutto, e  poi, il controllo in termini stringenti della validità del titolo che lo priva della libertà.
Sicchè la libertà è tutelata, quale diritto fondamentale, in ogni suo aspetto: prima della privazione della stessa, durante la privazione e come vedremo ora, dopo la privazione non legittima.

3. L’errore giudiziario.

La decisione in riferimento alle procedure che innescano la privazione della libertà personale è delegata, per legge, ai magistrati del potere giudiziario.
Essi firmano le ordinanze di applicazione della custodia cautelare, convalidano gli arresti, emettono l e sentenze di condanna a pena detentiva, decidono sulle istanze di remissione in libertà di soggetti detenuti.
“ ma chi non sbaglia nell’esplicare il proprio lavoro o nell’assolvere le proprie funzioni? Anche il prete, dice il proverbio popolare, nel dir messa.” , così scriveva il magistrato  Luigi Grande nel lavoro “ Gli sbagli di vostro onore” ( edizioni Eura press , Milano 1988)
Nessuno è così perfetto da evitare lo sbaglio : sbaglia il chirurgo che erra la diagnosi e provoca danni al paziente; sbaglia l’avvocato, che “inciampa sui termini” o scivola sulle bucce di banana che i codici presentano e compromette le ragioni del cliente; sbaglia l’ingegnere che non ha studiato bene la natura del terreno sui cui poggerà l’edificio, e ne pregiudica la stabilità futura.
Qualsiasi altro professionista, artigiano, uomo di affari o operaio può sbagliare.
L’Uomo non infallibile.
E gli sbagli dei giudici offendono non solo  la persona oggetto dello sbaglio ma l’intera comunità che confida nell’attuazione della giustizia come motivo di coesione sociale.
Infatti chi ha subito lo sbaglio, il torto ha concrete possibilità di vedersi privato della libertà personale illegittimamente e, sopratutto, vede la sua persona danneggiata perché comunque esposta a rischi notevoli.
Una detenzione e una condanna stravolgono la vita di una persona, ne mutano i progetti ne modificano  l’immagine dinanzi alla famiglia e alla opinione pubblica, una condanna ingiusta può distruggere una persona.
Pertanto la detenzione e/o la condanna ingiusta e  sbagliata determinano il diritto della persona offesa di ricevere il ristoro delle sue sofferenze..
Infatti : “ La legge determina le condizioni d i modi per la riparazione degli errori giudiziari” ( art. 24 ultimo comma Costituzione italiana.).
L’errore del Giudice determina conseguenze gravi ma il sistema  costituzionale ha previsto la riparazione : ossia la possibilità “concreta” di eliminare le conseguenze dannose sulla persona dello sbaglio dell’autorità.
La legge ( art. 314 comma 1 c.p.p.) prevede “ Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto ad una equa riparazione  per la custodia cautelare subita”.
Il nostro ordinamento ha recepito solo nel 1988 tali principio
Come si legge  in Cass. Sez. unite 27.5.2010 n. 32383 . “ L’esigenza, avvertita  da tempo in ambito europeo( in particolare dall’epoca illuministica) di lenire il pregiudizio subito da chi fosse rimasto vittima dell’erroneo esercizio, nelle sue componenti più afflittive, della giurisdizione penale cautelare, ha trovato tardiva attuazione nel nostro ordinamento”
E ancora: “La riparazione per ingiusta detenzione è stata introdotta nel nostro sistema solo con il codice di procedura penale del 1988, e tanto anche in adeguamento, secondo la precisa prescrizione di cui alla legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2 comma 1( recante la delega al Governo per la emanazione del nuovo codice di procedura penale), alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dal nostro Paese e relative ai diritti della persona e al processo penale”.

Ora, tralasciamo l’ultima parte dell’art. 314 primo comma che nega la equa riparazione a chi abbia dato o concorso a dare causa alla detenzione per dolo o cola grave e che sarà oggetto di ulteriori e necessari   approfondimenti, in questa rubrica, in seguito ed alla luce della evoluzione della giurisprudenza di merito e di legittimità  in materia.
La norma dell’art. 314 ha la sua scaturigine ( necessaria per il legislatore italiano) in due norme sovranazionali :
-   nell’art. 5 della Convenzione per la  Salvaguardia  dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con la legge 4 agosto 1955 n. 848 che recita : “Ogni persona vittima di arresto o detenzione in violazione a una delle disposizioni di questo articolo ha diritto ad una equa riparazione”,-
-  e nell’articolo 9 punto 5 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York nel 1966 che recita :
“Chiunque sia stato vittima di arresto o detenzione illegali ha pieno diritto ad un indennizzo”.
Quel che interessa, in questa sede, e visto il tema dell’intervento, è ribadire la esistenza di fonti sovranazionali recepite nel nostro ordinamento  e di una normativa costituzionale che prevede il risarcimento o indennizzo per chi ha subito una detenzione illegittima.
Tali fonti dichiarano che il diritto del cittadino è “pieno”, ossia ampio e indefettibile.
Le norme richiamate hanno il compito di chiudere il cerchio rispetto ai principi di inviolabilità della libertà personale e  di non colpevolezza dell’imputato fino alla sentenza definitiva ( art. 27 Cost. italiana).
A parere di chi scrive, enunciano un concetto chiaro ed lineare : se la libertà è un diritto fondamentale, il risarcimento dovuto al cittadino per la privazione illegittima della sua libertà da parte dell’autorità che ha sbagliato è un altrettanto diritto fondamentale.

Avv Filippo Castellaneta