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Sezioni Unite Penali 24.09.18.Irretroattività della legge più sfavorevole

Sezioni Unite Penali 24.09.18.Irretroattività della legge più sfavorevole
SEZIONI UNITE PENALI 24.09.2018 : il criterio della condotta determina l’applicazione del trattamento sanzionatorio  più favorevole . 

1.Premessa.
Il favor rei nel momento dell’applicazione della pena è il motivo centrale e dominante del deliberato  n. 40986 del 24.09.2018 delle Sezioni Unite Penali.
Il Massimo Collegio richiama e afferma principi ineludibili del sistema penale quali "il principio di irretroattività della legge meno favorevole all’imputato” (art. 25 Cost) il principio del "nessuna pena senza legge” declamato dall’art. 7 CEDU, ed  infine "il divieto di irrogare una pena illegale” (art. 2 c.p. e art. 27 Cost.).
 Le Sezioni Unite evocano tali baluardi per fare, nel caso concreto, effettiva applicazione del principio più garantista e più confacente ad un sistema penale orientato a punire la volontà violatrice della norma penale al momento del "fatto”,  senza far ricorso a criteri diversi dalla "condotta” che implicherebbero valutazioni di natura oggettiva e talvolta "casuale” che non devono trovare ingresso in un sistema penale che intende perseguire il fatto punibile ancorato alla effettiva volontà dell’agente.

2.Il caso.
Tizio alla guida della sua autovettura  investe Caio mentre attraversa le strisce pedonali.
L’investito riporta ferite gravi ma decede successivamente.
Al momento dell’investimento, ossia della condotta colposa, era in vigore l’art. 589 c.p. aggravato ai sensi del  comma secondo, perché fatto commesso con violazione norme sulla disciplina stradale,  (pena edittale  da due a sette anni di reclusione).
Al momento  del decesso, invece, era entrato in vigore l’art. 589 bis c.p., fattispecie autonoma di reato,introdotto dalla legge n. 46 del 21.3.2016 (pena edittale da due anni a sette anni).
Tizio chiede l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e con il PM concorda una pena di anni 1 di reclusione applicando la norma dell’art. 589 bis c.p. con le diminuzioni per le attenuanti  generiche e per il rito.
Il GIP presso il Tribunale di Prato emette sentenza in conformità all’accordo prospettato dalle parti.
Tizio propone ricorso per Cassazione denunciando inosservanza o erronea applicazione della legge penale in quanto la più sfavorevole disciplina dettata dall’art. 589 bis c.p. è stata introdotta in epoca successiva alla condotta dell’imputato, mentre all’epoca di tale condotta era in vigore una disciplina più favorevole in quanto l’art. 589 c.p. secondo comma prevedeva una circostanza aggravante (quindi bilanciabile con le attenuanti),  laddove la nuova normativa prevede una nuova fattispecie incriminatrice, sicchè deve intendersi la seconda quale norma meno favorevole al reo.
Tale applicazione della legge penale sarebbe erronea in quanto in contrasto con il principio della irretroattività della legge più sfavorevole al reo.
Viene investita della cognizione del ricorso la Quarta sezione penale della Cassazione, che rileva la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale in riferimento al   momento in cui valutare il tempus commissi delicti , se cioè al momento della realizzazione  della condotta (incidente/investimento) oppure al momento del verificarsi dell’evento ( morte della vittima).
Con decreto del 16.5.2018 il presidente Aggiunto della Corte di Cassazione ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite.

3. Il quesito rimesso alle Sezioni Unite. L'importante richiamo al concetto di "illegalità della pena".
La questione di diritto posta all’attenzione del massimo collegio è la seguente. 
"se, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, debba trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta ovvero quella vigente al momento dell’evento”.
La sentenza delle Sezioni Unite dopo aver dichiarato l’ammissibilità del ricorso ribadisce che la illegalità della pena può essere rilevata di ufficio dal giudice di legittimità investito di un ricorso che, per cause diverse dalla sua tardività, risulti inammissibile confermando l’assunto di Cass. Sez. 5 n. 552 del 7.7.2016- dep 2017, Jomle, Rv 268593).
Quindi  la sentenza passa a ribadire il perimetro della nozione di "pena illegale”, richiamando la sentenza SSUU n. 33040 del 26.2.2015, Jazouli e affermando che rientra  "nel novero della pena illegale la pena che, per specie ovvero per quantità, non corrisponde a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice in questione, così collocandosi al di fuori d sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale.”
A questo punto, al fine di poter entrare nel merito della questione di diritto sottopostagli, il Supremo Collegio ribadisce che è sindacabile dal Giudice di legittimità,  anche la pena concordata dalle parti e confluita in una sentenza ex art. 444 c.p.p. in quanto la eventuale illegalità della pena applicata all’esito del "patteggiamento” rende invalido l’accordo concluso dalle parti e ratificato dal Giudice con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza che lo ha recepito.

4. Il tema centrale. Rileva il momento  della condotta o il momento dell’evento per stabilire il tempus commissi delicti?

Il contrasto era ravvisabile in due pronunciati che avevano riguardo, entrambi, a fattispecie di omicidio colposo la cui condotta era avvenuta in un tempo anteriore al verificarsi dell’evento (morte della vittima avvenuta a mesi di distanza).
Il primo orientamento (Cass. Sez. IV Sandrucci n. 22379 del 17.04.2015), aveva ritenuto corretta la decisione di merito secondo cui il trattamento sanzionatorio deve aver riguardo alla norma vigente al momento della consumazione del reato cioè al momento dell’evento lesivo.
Sempre al primo orientamento l’ordinanza di rimessione riconduce anche Cass, sez. 5 n. 19008 del 13.3.2014 che ha ritenuto corretta l’applicazione  della circostanza aggravante di cui all’art. 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 (oggi art. 416 bis 1 comma c.p.) in relazione a reati di importazione e conseguente detenzione di armi da guerra, nei confronti di un imputato il quale aveva intrapreso le trattative con il venditore prima dell’introduzione della circostanza aggravante, laddove la condotta illecita si era perfezionata, per l’apporto di altri concorrenti, dopo l’entrata in vigore della nuova norma.
Al secondo orientamento, invece, andava ascritta Cass. Sez. 4, n.8848 del 5.10.1972, Bartesaghi, riv 122686 intervenuta in una fattispecie concreta di omicidio colposo per violazione delle norme sulla circolazione stradale : tra la condotta e l’evento era stata introdotta la legge 11 maggio 1966, n, 296, che prevedeva un più severo trattamento sanzionatorio.
Tale sentenza aveva osservato che "al fine di stabilire la legge applicabile, non si tratta di individuare il momento della consumazione, ma quello nel quale il reato è stato commesso, come espressamente stabilisce la legge. E se vi sono reati nei quali commissione e consumazione coincidono, ve ne sono altri nei quali il momento della consumazione, col realizzarsi dell’evento, si verifica successivamente o può verificarsi successivamente”.
 Se così non fosse, osservava quel deliberato, il reo verrebbe ad essere punito più gravemente per il fatto puramente casuale che nel periodo di tempo intercorrente tra la sua condotta e l’evento sia sopraggiunta la nuova legge, in tal modo determinandosi quell’incertezza sul grado di illiceità del comportamento umano che è escluso in modo assoluto dal principio dell’irretroattività’.

5.La decisione delle Sezioni Unite. I principi richiamati.
Le Sezioni Unite ritengono di condividere il secondo orientamento giacchè "plurime ragioni” convergono verso la conclusione secondo cui, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta.
Nella decisione richiamata, il Supremo Collegio, dopo aver disatteso la richiesta del Procuratore Generale, il quale affermava doversi procedere a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 comma 4 c.p. nella parte in cui fa riferimento (ai fini della determinazione della legge più favorevole)  alla commissione del reato e non del fatto anche con riguardo ai reati di evento, enuncia una serie di  argomenti  sui quali fonda il proprio convincimento.
Tali argomentazioni possono così sintetizzarsi:
a) Interpretazione sistematica delle norme: a fondamento del principio di irretroattività della norma più sfavorevole si pone essenzialmente  un’istanza di garanzia della persona contro i possibili arbitri del legislatore, garanzia che l’art. 25 Cost tutela come valore assoluto non suscettibile di bilanciamento con altri valori costituzionale. Con la precisazione che la norma più sfavorevole attiene non solo alle norme incriminatrici, ma anche a quelle che incidono sulla "quantità e qualità della pena” come statuito da Corte Costituzionale n. 306 del 1993.
b) Il principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, secondo il dictum della Corte Costituzionale, "si pone come strumento di garanzia del cittadino contro gli arbitri del legislatore, ed è espressivo dell’esigenza della "calcolabilità” delle conseguenze giuridico-penali della propria condotta, quale condizione necessaria per la libera autodeterminazione individuale” (Corte Cost. n. 394 del 2006).
c) La ratio di garanzia del principio di irretroattività della norma più sfavorevole e il suo necessario riferimento alla valutabilità delle conseguenze penali della condotta dell’uomo, sono dunque decisivi nell’indirizzare la soluzione della questione rimessa alle Sezioni Unite verso l’adesione al "criterio della condotta”.
d) Nei lavori dell’Assemblea Costituente, a proposito della disposizione recepita nel secondo comma dell’art. 25 Cost fu chiarito il principio di irretroattività stabiliva in maniera precisa che la norma di legge penale doveva preesistere  non solo all’evento ma anche all’azione” (emendamento On.le Leone);
e) In tale prospettiva va interpretata anche quella giurisprudenza di legittimità che ha stabilito la norma incriminatrice più severa, ripristinata per effetto della pronuncia di incostituzionalità di una successiva norma penale di favore, non può essere applicata ai fatti commessi durante la vigenza di quest’ultima, rispetto ai quali non può avere alcuna funzione di orientamento e di limite delle scelte di comportamento dell’agente ( Cass. Sez. 3 Menti n. 28233 del 3.3.2016)
f) Le funzioni costituzionali della pena previste dall’art. 27 Cost. permettono di identificare il momento della condotta come quello per stabilire, il tempus commissi delicti.
Infatti il "momento della condotta” è il momento nel quale la funzione di prevenzione generale della pena può esplicarsi.
La funzione rieducativa della pena, la cui centralità nella definizione del volto costituzionale del sistema penale è stata  anche di recente rimarcata dal Giudice delle Leggi, richiamando il principio di "non sacrificabilità” di tale funzione sull’altare di ogni altra, pur legittima funzione della pena ( Corte Cost. 149 del 2018).
Il presupposto della rimproverabilità del fatto, infatti, è la possibilità di conoscere la norma penale: ognuno dei consociati deve essere posto in grado di adeguarsi liberamente o meno alla legge penale, conoscendo in anticipo quali conseguenze afflittive potranno scaturire dalla sua decisione.
Conclusivamente, dopo aver effettuato alcuni distinguo in materia di protrarsi nel tempo della condotta tipica del reato, ed aver esaminato la applicabilità del ragionamento effettuato ai reati permanenti ed a reati abituali, le Sezioni Unite enunciano il seguente principio: "In tema di successione di leggi penali, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta”.

Avv Filippo Castellaneta  ( studio legale associato Castellaneta  & D'Argento Milano)