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Revisione sentenza penale: quali documenti produrre.

Revisione sentenza penale: quali documenti  produrre.
L’"onere di allegazione” nel processo di revisione.

Come è noto l’art. 630 c.p.p. stabilisce i casi nei quali è possibile richiedere la revisione di una sentenza penale passata in cosa giudicata.
I casi sono 4 :
a) Se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna  non possono conciliarsi con quelli stabiliti in altra sentenza irrevocabile;
b) Se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo successivamente revocata; 
c) Se dopo la sentenza di condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato debba essere prosciolto;
d) Se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza della falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.

Legittimati a  richiedere la revisione sono il condannato o un suo prossimo congiunto ed il Procuratore generale presso al Corte di Appello nei cui distretto fu pronunciata la sentenza di condanna.

Ai sensi dell’art. 633 la richiesta  deve essere presentata personalmente o mezzo di un procuratore speciale.

Quanto al contenuto della richiesta la stessa "deve contenere l’indicazione specifica delle ragioni e delle prove che la giustificano e deve essere presentata, unitamente a eventuali atti o documenti, nella cancelleria della Corte di Appello individuata ai sensi dell’art. 11 c.p.p.”  .

In passato erano sorti problemi in Giurisprudenza circa l’onere di allegazione della sentenza oggetto della revisione e di eventuale altra documentazione.
Infatti, vi era  stato contrasto in riferimento "a chi” dovesse produrre la sentenza oggetto del giudizio di revisione.

Preliminarmente è da considerare che appare quanto meno singolare il fatto  che il soggetto che chieda la revisione non alleghi l’oggetto del giudizio rescissorio, ma atteso che il codice ha voluto concedere alla parte la possibilità  di presentare personalmente la richiesta, ci si è posti il problema della allegazione.
Una recente, marzo 2012,  sentenza della Cassazione sez. I , che, peraltro  ha confermato un orientamento giurisprudenziale consolidato, ha affermato la seguente massima :"In tema di revisione, il proponente non ha l’onere di allegare la sentenza cui si riferisce l’istanza, dovendo il giudice competente, individuato ai sensi dell’art. 11 c.p..p. attivarsi per richiedere il provvedimento” (Cass sez. I 28.3.2012 n. 13622).

Una precedente massima, contenuta nella sentenza Cassazione sez. V 10 novembre 1999 n. 5371 aveva stabilito lo stesso principio affermando che poiché la istanza di revisione, contrariamente a quanto stabilito per gli altri mezzi di impugnazione, va presentata direttamente dinanzi al giudice ad quem, compete a quest’ultimo l’onere di acquisire il provvedimento impugnato, richiedendolo al giudice che lo ha emesso.

E’ evidente che la richiesta ufficiale da parte dell’organo decidente sgombera il campo da eventuali problematicità connesse all’acquisizione dell’esatto e conforme titolo esecutivo da valutare, anche se la produzione dell’istante con il timbro di "conformità” eliminerebbe  qualsiasi dubbio in merito. 
Tuttavia la Giurisprudenza è conforme nel ritenere che sia la Corte di Appello adita a dover richiedere la sentenza impugnata all’organo giudiziario che la ha emessa.

Una eccezione tuttavia, alla regola sopra menzionata si rinviene nella ipotesi di richiesta di revisione ai sensi dell’art. 630 lett. a), ossia pretesa "inconciliabilità tra i giudicati”.
In tal caso, infatti, secondo la giurisprudenza, nella specie Cass. Sez. VI 10 marzo 2008 n. 25794, incombe al ricorrente l’onere di produrre la sentenza di cui assume l’inconciliabilità con la sentenza impugnata.
Tanto in quanto vige il principio sopra richiamato, della produzione, a pena di inammissibilità, degli eventuali atti e documenti idonei a sorreggerla e delle copie autentiche delle sentenze e dei decreti penali di condanna, così come prescrive l’art. 633 comma 2 c.p.p..
E’ evidente tuttavia che una difesa tecnica e preparata che avesse redatto la istanza di revisione  e si accinga a presentarla, avendone avuta procura speciale dal condannato, avrà cura di mettere a disposizione  dell’organo decidente non soltanto la sentenza impugnata ma qualsiasi altro atto da cui desumere elementi di prova favorevoli alla tesi rescissoria.
1 novembre 2016  
 
Avv. Filippo Castellaneta